Accade frequentemente, nella vita di una società, che sia necessario un apporto di liquidità. Qualora non si volesse (o non si potesse) far ricorso al capitale esterno, i soci possono decidere di apportare denaro secondo due distinte forme:
Nel caso in cui il socio decidesse di effettuare un mero finanziamento, il debito della società nei suoi confronti dovrà essere iscritto nella voce D) 3) del passivo “Debiti verso soci per finanziamenti”.
Le somme in commento dovranno essere oggetto di restituzione al socio.
La rinuncia al credito: trattamento contabile
Potrà accadere che il socio, dopo aver apportato denaro a titolo di finanziamento, voglia rinunciare al rimborso del credito.
Il nuovo principio contabile OIC 28, dedicato al Patrimonio netto, espressamente chiarisce quanto segue:
“La rinuncia del credito da parte del socio- che si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva di rafforzamento patrimoniale della società – è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio netto. Pertanto, in tal caso la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale”.
Pertanto, nel caso in cui il socio rinunci al suo credito (che potrà avere natura finanziaria o commerciale) con una formale comunicazione alla società, o annotando tale volontà nel verbale di assemblea, e il suo intento sia quello di rafforzare patrimonialmente la società stessa, non potrà essere contabilizzata una sopravvenienza attiva in bilancio, ma sarà necessario iscrivere un’apposita riserva di capitale.
La disciplina fiscale
Con specifico riferimento al trattamento fiscale previsto per la rinuncia del credito da parte dei soci, giova in questa sede di essere richiamata la nuova previsione di cui all’art. 13, c.1, lettera a) del Dlgs 147/15, la quale, introducendo il nuovo comma 4-bis all’articolo 88 del Tuir, ha stabilito che la rinuncia del socio al credito costituisce sopravvenienza attiva, limitatamente alla parte che eccede il relativo valore fiscale.
Specularmente, l’art. 94, comma 6, Tuir prevede che il costo fiscale della partecipazione del socio si incrementi del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia (articolo 94, comma 6 del Tuir).
Il nuovo art. 88, co. 4-bis, Tuir, seppur aggiornato con decorrenza 07.10.2015 trova applicazione soltanto a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore del D.Lgs. n.147/15.
Pertanto solo dal 2016 le rinunce del socio al credito saranno tassabili, mentre nel 2015 le stesse continueranno a non avere alcuna rilevanza fiscale.
Il valore fiscalmente rilevante
La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale.
A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, deve provvedere a comunicare alla società tale valore. In mancanza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero.
È interessante a tal proposito rilevare come, in tutti quei casi in cui il costo fiscale del credito sia uguale al valore nominale, la rinuncia del credito da parte del socio continui a non far emergere alcuna sopravvenienza tassabile (sempre che, ovviamente, sia rilasciata apposita dichiarazione sostitutiva).
La tassabilità sarà quindi limitata ai casi in cui, ad esempio, il credito sia stato acquistato ad un valore inferiore al valore nominale, sia stato oggetto di una svalutazione fiscalmente rilevante, o, ancora, sia stata rilevata una perdita su crediti ai sensi dell’art. 101 Tuir.
Il versamento a titolo di patrimonio netto
Nel caso in cui il socio decida di effettuare direttamente un versamento a titolo di incremento patrimoniale non trova applicazione la nuova diposizione appena richiamata, in quanto l’importo continua a non rappresentare una sopravvenienza attiva tassabile.
Continua infatti a trovare applicazione, in questi casi, l’art. 88, co. 4, Tuir, in virtù del quale “non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società”
Fonte: Fiscal Focus
- a titolo di capitale
- a titolo di finanziamento.
Nel caso in cui il socio decidesse di effettuare un mero finanziamento, il debito della società nei suoi confronti dovrà essere iscritto nella voce D) 3) del passivo “Debiti verso soci per finanziamenti”.
Le somme in commento dovranno essere oggetto di restituzione al socio.
La rinuncia al credito: trattamento contabile
Potrà accadere che il socio, dopo aver apportato denaro a titolo di finanziamento, voglia rinunciare al rimborso del credito.
Il nuovo principio contabile OIC 28, dedicato al Patrimonio netto, espressamente chiarisce quanto segue:
“La rinuncia del credito da parte del socio- che si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva di rafforzamento patrimoniale della società – è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio netto. Pertanto, in tal caso la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale”.
Pertanto, nel caso in cui il socio rinunci al suo credito (che potrà avere natura finanziaria o commerciale) con una formale comunicazione alla società, o annotando tale volontà nel verbale di assemblea, e il suo intento sia quello di rafforzare patrimonialmente la società stessa, non potrà essere contabilizzata una sopravvenienza attiva in bilancio, ma sarà necessario iscrivere un’apposita riserva di capitale.
La disciplina fiscale
Con specifico riferimento al trattamento fiscale previsto per la rinuncia del credito da parte dei soci, giova in questa sede di essere richiamata la nuova previsione di cui all’art. 13, c.1, lettera a) del Dlgs 147/15, la quale, introducendo il nuovo comma 4-bis all’articolo 88 del Tuir, ha stabilito che la rinuncia del socio al credito costituisce sopravvenienza attiva, limitatamente alla parte che eccede il relativo valore fiscale.
Specularmente, l’art. 94, comma 6, Tuir prevede che il costo fiscale della partecipazione del socio si incrementi del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia (articolo 94, comma 6 del Tuir).
Il nuovo art. 88, co. 4-bis, Tuir, seppur aggiornato con decorrenza 07.10.2015 trova applicazione soltanto a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore del D.Lgs. n.147/15.
Pertanto solo dal 2016 le rinunce del socio al credito saranno tassabili, mentre nel 2015 le stesse continueranno a non avere alcuna rilevanza fiscale.
Il valore fiscalmente rilevante
La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale.
A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, deve provvedere a comunicare alla società tale valore. In mancanza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero.
È interessante a tal proposito rilevare come, in tutti quei casi in cui il costo fiscale del credito sia uguale al valore nominale, la rinuncia del credito da parte del socio continui a non far emergere alcuna sopravvenienza tassabile (sempre che, ovviamente, sia rilasciata apposita dichiarazione sostitutiva).
La tassabilità sarà quindi limitata ai casi in cui, ad esempio, il credito sia stato acquistato ad un valore inferiore al valore nominale, sia stato oggetto di una svalutazione fiscalmente rilevante, o, ancora, sia stata rilevata una perdita su crediti ai sensi dell’art. 101 Tuir.
Il versamento a titolo di patrimonio netto
Nel caso in cui il socio decida di effettuare direttamente un versamento a titolo di incremento patrimoniale non trova applicazione la nuova diposizione appena richiamata, in quanto l’importo continua a non rappresentare una sopravvenienza attiva tassabile.
Continua infatti a trovare applicazione, in questi casi, l’art. 88, co. 4, Tuir, in virtù del quale “non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società”
Fonte: Fiscal Focus