La sentenza 18 dicembre 2015, n. 25485, della Sezione Tributaria della Cassazione ha riaffermato la centralità del contradittorio endoprocedimentale nell’ipotesi in cui il fisco contesti maggiori ricavi sulla base degli studi di settore.
Il giudice tributario, secondo gli ermellini, deve accertare se l’Ufficio abbia invitato il contribuente al contraddittorio nella fase procedimentale, atteso che si tratta di un passaggio obbligatorio, tanto più rilevante laddove il contribuente non abbia lamentato la mera mancanza formale dell’invito al contraddittorio endoprocedimentale, ma abbia anche sollevato questioni attinenti al merito della pretesa, evidenziando quello che egli avrebbe potuto opporre all’azione accertatrice dell’amministrazione, in particolare con riferimento alla specifica realtà dell’attività economica nel periodo considerato.
È stata pertanto annullata - con rinvio - la sentenza della CTR della Campania per aver questo giudice considerato “irrilevante” l’omesso invito del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale, ai fini dell’applicazione dell’accertamento per standard.
Pur avendo riconosciuto la natura dell’accertamento in questione (studi di settore) – natura peraltro non contestata dalla difesa erariale – la CTR ha disatteso un principio ben noto in materia, atteso che le Sezioni Unite hanno da tempo chiarito “che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente”(cfr. Cass., S.U., n. 26635/2009).
Dal che la decisione della Suprema Corte di rinviare la causa al giudice di secondo grado per nuovo esame perché – si legge nell’ordinanza di ieri - “nel caso di specie il giudice avrebbe dovuto accertare se l'ufficio aveva invitato il contribuente al contraddittorio nella fase procedimentale, stante che si tratta di un passaggio obbligatorio, tanto più rilevante perché il contribuente non ha lamentato la mera mancanza formale dell'invito al contraddittorio endoprocedimentale, ma ha anche sollevato questioni attinenti il merito dell'accertamento, evidenziando quello che egli avrebbe potuto opporre all'azione accertatrice dell'amministrazione, in particolare con riferimento alla ‘specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame’. Sicché il diritto al contraddittorio endoprocedimentale sarebbe stato ‘giustificato’ anche nella prospettiva esegetica recentemente indicata dalla Corte di Giustizia con la sentenza Kamino”.
Fonte: Fiscal Focus
Il giudice tributario, secondo gli ermellini, deve accertare se l’Ufficio abbia invitato il contribuente al contraddittorio nella fase procedimentale, atteso che si tratta di un passaggio obbligatorio, tanto più rilevante laddove il contribuente non abbia lamentato la mera mancanza formale dell’invito al contraddittorio endoprocedimentale, ma abbia anche sollevato questioni attinenti al merito della pretesa, evidenziando quello che egli avrebbe potuto opporre all’azione accertatrice dell’amministrazione, in particolare con riferimento alla specifica realtà dell’attività economica nel periodo considerato.
È stata pertanto annullata - con rinvio - la sentenza della CTR della Campania per aver questo giudice considerato “irrilevante” l’omesso invito del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale, ai fini dell’applicazione dell’accertamento per standard.
Pur avendo riconosciuto la natura dell’accertamento in questione (studi di settore) – natura peraltro non contestata dalla difesa erariale – la CTR ha disatteso un principio ben noto in materia, atteso che le Sezioni Unite hanno da tempo chiarito “che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente”(cfr. Cass., S.U., n. 26635/2009).
Dal che la decisione della Suprema Corte di rinviare la causa al giudice di secondo grado per nuovo esame perché – si legge nell’ordinanza di ieri - “nel caso di specie il giudice avrebbe dovuto accertare se l'ufficio aveva invitato il contribuente al contraddittorio nella fase procedimentale, stante che si tratta di un passaggio obbligatorio, tanto più rilevante perché il contribuente non ha lamentato la mera mancanza formale dell'invito al contraddittorio endoprocedimentale, ma ha anche sollevato questioni attinenti il merito dell'accertamento, evidenziando quello che egli avrebbe potuto opporre all'azione accertatrice dell'amministrazione, in particolare con riferimento alla ‘specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame’. Sicché il diritto al contraddittorio endoprocedimentale sarebbe stato ‘giustificato’ anche nella prospettiva esegetica recentemente indicata dalla Corte di Giustizia con la sentenza Kamino”.
Fonte: Fiscal Focus