Considerate le conseguenti implicazioni fiscali, l’eliminazione di beni aziendali deve seguire particolari procedure, il cui rispetto determina l’inapplicabilità da parte dell’Amministrazione finanziaria di alcune disposizioni e presunzioni tributarie (sfavorevoli per il contribuente); nella sostanza, il rispetto di particolari adempimenti, normativamente previsti, tutela il contribuente dall’eventuale contestazione di cessioni in evasione d’imposta qualora, in sede di accesso ispettivo, taluni beni non risultino fisicamente presenti nelle sedi aziendali o negli studi professionali, in quanto in precedenza eliminati.
La presunzione di cessione. Sotto il profilo Iva rileva, in particolare, il Dpr 10/11/1997, n. 441; ai sensi dell’art. 1 di tale decreto, in sede di intervento ispettivo, si presumono[1] ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti.
Tale presunzione si applica nei confronti di tutti i soggetti d'imposta e riguarda sia i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa sia i beni strumentali.
Ai sensi del medesimo art. 1, la presunzione non opera quando il contribuente dimostri che i beni sono stati:
Il regime probatorio della distruzione. Il comma 4 dell’art. 2 del Dpr n. 441/1997, definisce gli adempimenti specifici che l’azienda deve porre in essere, affinché la distruzione di beni d’impresa (ovvero la loro trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico) non venga riqualificata dall’Organo accertatore come cessione in evasione di imposta degli stessi, ovvero quale destinazione a finalità extra-aziendali (con relativo recupero delle imposte dirette ed indirette, oltre alla contestazione delle connesse irregolarità documentali).
Gli adempimenti da porre in essere per documentare correttamente la distruzione di beni sono stati oggetto di chiarimenti da parte del Ministero delle Finanze con la citata C.M. 23/07/1998, n. 193/E.
La comunicazione preventiva. Il primo adempimento che l’azienda dovrà porre in essere è costituito dall’invio all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate e al Reparto della Guardia di Finanza competenti per territorio di apposita comunicazione preventiva, indicando luogo, data e ora in cui verranno poste in essere le operazioni, le modalità di distruzione o di trasformazione, la natura, qualità e quantità, nonché l'ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni da distruggere o da trasformare e l'eventuale valore residuale che si otterrà a seguito della distruzione o trasformazione dei beni stessi.
La verbalizzazione. Alla distruzione dei beni aziendali deve presenziare un incaricato dell’Agenzia delle entrate, ovvero un ufficiale della Guardia di finanza o un notaio i quali, al termine delle operazioni, devono redigere un apposito verbale.
Nel caso in cui l'ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati non sia superiore a euro 10.000, l’azienda (nella persona del rappresentante legale o di un procuratore) deve redigere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47 del Dpr 28/12/2000, n. 445 (trattasi della cd. procedura semplificata); in tal caso, a prescindere dall’effettiva partecipazione di un Pubblico ufficiale alla distruzione dei beni, il contribuente potrà concludere la procedura mediante un’autocertificazione dell’avvenuta operazione.
La documentazione del trasporto. Nel caso in cui dalle operazioni di distruzione o trasformazione residuino ulteriori beni da trasportare altrove, l’azienda deve redigere un documento di trasporto (ex Dpr 14/08/1996, n. 472); evidentemente si fa riferimento a beni, originati dalla distruzione, aventi una qualche rilevanza economica (es. rottami di ferro o ceneri).
Il documento deve essere numerato progressivamente e deve riportare il destinatario, la data, la natura e quantità dei beni nonché la causale del trasporto.
In alternativa, se i beni distrutti diventano ‘‘rifiuti’’, è possibile che gli stessi vengano scortati in discarica con l’apposito formulario. In ogni caso non si ritiene necessaria l’emissione di un’autofattura per ‘‘distruzione beni’’.
Fonte: Fiscal Focus
La presunzione di cessione. Sotto il profilo Iva rileva, in particolare, il Dpr 10/11/1997, n. 441; ai sensi dell’art. 1 di tale decreto, in sede di intervento ispettivo, si presumono[1] ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti.
Tale presunzione si applica nei confronti di tutti i soggetti d'imposta e riguarda sia i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa sia i beni strumentali.
Ai sensi del medesimo art. 1, la presunzione non opera quando il contribuente dimostri che i beni sono stati:
- impiegati per la produzione;
- perduti o distrutti;
- consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, d'opera, d'appalto, di trasporto, di mandato, di commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.
Il regime probatorio della distruzione. Il comma 4 dell’art. 2 del Dpr n. 441/1997, definisce gli adempimenti specifici che l’azienda deve porre in essere, affinché la distruzione di beni d’impresa (ovvero la loro trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico) non venga riqualificata dall’Organo accertatore come cessione in evasione di imposta degli stessi, ovvero quale destinazione a finalità extra-aziendali (con relativo recupero delle imposte dirette ed indirette, oltre alla contestazione delle connesse irregolarità documentali).
Gli adempimenti da porre in essere per documentare correttamente la distruzione di beni sono stati oggetto di chiarimenti da parte del Ministero delle Finanze con la citata C.M. 23/07/1998, n. 193/E.
La comunicazione preventiva. Il primo adempimento che l’azienda dovrà porre in essere è costituito dall’invio all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate e al Reparto della Guardia di Finanza competenti per territorio di apposita comunicazione preventiva, indicando luogo, data e ora in cui verranno poste in essere le operazioni, le modalità di distruzione o di trasformazione, la natura, qualità e quantità, nonché l'ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni da distruggere o da trasformare e l'eventuale valore residuale che si otterrà a seguito della distruzione o trasformazione dei beni stessi.
La verbalizzazione. Alla distruzione dei beni aziendali deve presenziare un incaricato dell’Agenzia delle entrate, ovvero un ufficiale della Guardia di finanza o un notaio i quali, al termine delle operazioni, devono redigere un apposito verbale.
Nel caso in cui l'ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati non sia superiore a euro 10.000, l’azienda (nella persona del rappresentante legale o di un procuratore) deve redigere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47 del Dpr 28/12/2000, n. 445 (trattasi della cd. procedura semplificata); in tal caso, a prescindere dall’effettiva partecipazione di un Pubblico ufficiale alla distruzione dei beni, il contribuente potrà concludere la procedura mediante un’autocertificazione dell’avvenuta operazione.
La documentazione del trasporto. Nel caso in cui dalle operazioni di distruzione o trasformazione residuino ulteriori beni da trasportare altrove, l’azienda deve redigere un documento di trasporto (ex Dpr 14/08/1996, n. 472); evidentemente si fa riferimento a beni, originati dalla distruzione, aventi una qualche rilevanza economica (es. rottami di ferro o ceneri).
Il documento deve essere numerato progressivamente e deve riportare il destinatario, la data, la natura e quantità dei beni nonché la causale del trasporto.
In alternativa, se i beni distrutti diventano ‘‘rifiuti’’, è possibile che gli stessi vengano scortati in discarica con l’apposito formulario. In ogni caso non si ritiene necessaria l’emissione di un’autofattura per ‘‘distruzione beni’’.
Fonte: Fiscal Focus